Professioni

L’Autismo non e un errore di sistema, è un altro sistema operativo: Il modello Auticon.

L’Autismo non e un errore di sistema, è un altro sistema operativo: Il modello Auticon.

A livello globale, grazie anche alla concomitanza di alcuni fattori come l’evoluzione delle ICT e le ricadute che queste comportano sul piano occupazionale, è in costante crescita l’attenzione verso l’inclusione lavorativa, anche in riferimento a quei lavoratori per i quali fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile trovare degli impieghi compatibili con le loro esigenze e pienamente rispondenti alle…

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Lavoro agile: ottimo strumento per la conciliazione vita-lavoro

Lavoro agile: ottimo strumento per la conciliazione vita-lavoro

Da molti anni, ormai, siamo abituati a chiamarlo telelavoro, anche se più recentemente e in particolare con la sua regolamentazione avvenuta con la legge 81/2017, il lavoro agile (o smart working) presenta caratteristiche diverse rispetto al suo “antenato”. Due di queste ci sembrano particolarmente importanti: non si tratta di una misura ad hoc per esigenze di casi singoli (per esempio…

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9 Soft Skills per i Recruiters 2.0

9 Soft Skills per i Recruiters 2.0

Il web 2.0 e l’ingresso di una nuova generazione (i millennials) nel mercato del lavoro hanno radicalmente modificato il modo di lavorare di professionisti e imprese, delineando modalità di lavoro, valori e e aspettative fino a poco tempo fa sconosciuti.

Accanto all’emergere di nuove figure professionali, molte di quelle già esistenti si sono dovute adattare al nuovo contesto, con l’aggiornamento delle competenze di cui disponevano e l’acquisizione di altre.

Data l’elevata competitività, uno dei fattori critici di un’azienda – sia di grandi, medie o piccole dimensioni – è quello di individuare i candidati in grado di apportare un reale valore aggiunto all’impresa.
Il recruiting, di cui abbiamo parlato in precedenza (a proposito della gamification) si avvale di servizi online per individuare candidati con competenze ed esperienze che li rendano idonei a ricoprire una determinata posizione: software per la creazione di database e l’automazione del processo, portali di ricerca/offerta di lavoro, blog e social network (da qui l’espressione “social recruiting”).

Le caratteristiche distintive dei recruiter sono riassunte da Cortese e Cipolletti (2015), secondo cui:

… i selezionatori non possono più essere solo ed esclusivamente esperti nella valutazione dei profili dei candidati: devono diventare bravi comunicatori, integrati nella strategia di marketing dell’organizzazione, e capaci di trasmettere la vision e la mission di riferimento.

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Fare il libero professionista in Italia

Il recente studio del CENSIS in collaborazione con Adepp
ha coinvolto un campione di 1629 professionisti, con lo scopo di analizzare le condizioni e le modalità di lavoro di questa particolare categoria di lavoratori.

Di seguito una sintesi di alcuni temi trattati nella ricerca.

Determinazione della scelta

I risultati del report evidenziano che:

  • Il 74% dei professionisti ha avviato l’attività entro i 30 anni;
  • la scelta per la libera professione, spesso, non è libera ma obbligata. Infatti, il 65,5% dei professionisti under 40 non ha alle spalle nessuna esperienza di lavoro dipendente;
  • i liberi professionisti lavorano prevalentemente da soli. Il 75,9% svolge la propria attività in forma individuale, solo il 17,7% è socio di uno studio con più titolari o di una società tra professionisti;
  • nell’85% dei casi i soci sono individuati all’interno dello stesso gruppo professionale, mentre nel 15% rispecchiano competenze ed ambiti di interesse diversi.

Ambiti professionali, mercati di riferimento e aree geografiche

In riferimento alle aree professionali, l’ambito sanitario prevede un’offerta di servizi concentrata all’interno di un nucleo di competenze ben individuato, mentre in quello economico-sociale
le prestazioni erogate sono prevalentemente generiche, ruotano intorno alla professione e i servizi erogati dipendono più dalle richieste del cliente che non da una selezione del professionista.

Inoltre, mostrano una tenuta migliore quelle attività che si collocano su mercati più ampi rispetto a quelle che invece operano solo a livello locale. Di queste ultime, solo il 20,7% ha riscontrato una crescita del fatturato negli ultimi due anni, mentre il 45,9% ha avuto un calo.

Infine, particolarmente critica risulta la situazione al Sud, dove per il 56,2% dei professionisti il fatturato è diminuito, mentre nel Nord Ovest
il 28% ha aumentato il fatturato, anche se il quadro resta difficile anche in questa area.

Strategie di innovazione

Dal report emerge come tra i professionisti siano ancora poco diffuse le nuove strategie promozionali, che comportano l’adozione di modelli innovativi e più complessi per differenziarsi ed espandersi sul mercato. Infatti, al fine di aumentare la clientela:

  • il 61,2% si affida al passaparola, prassi ben consolidata e radicata sia tra i giovani che tra i più anziani;
  • appena il 30% degli intervistati ha un sito web per il proprio studio professionale e solo il 13,2% lo utilizza anche per finalità promozionali;
  • il 6,6% organizza eventi, seminari e incontri a scopo promozionale sulla base di mailing list e altre tecniche mirate;
  • il 3,1% acquista spazi pubblicitari su giornali e riviste di settore;
  • Il 24% non fa nulla.

Formazione e aggiornamento

Oltre alla conoscenza, che costituisce l’asset di riferimento per presentarsi e affermarsi sul mercato, acquisiscono importanza crescente altre dimensioni, come la sensibilità verso il mercato, la rete di collaboratori efficiente e affidabile, la collocazione
su nuove fette di mercato più promettenti sul piano economico. Per questo l’aggiornamento, obbligatorio per legge, diventa indispensabile per acquisire competenze imprenditoriali, manageriali e relazionali.

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Gamification: un nuovo strumento per la selezione del personale

Non è più una rarità leggere articoli come questo,
secondo cui una giovane laureata ha trovato lavoro in un’importante casa farmaceutica facendo una selezione online, tramite la partecipazione a un videogioco disponibile su Facebook, oppure scoprire che, sempre più, imprese come MSC Crociere
si affidano ai videogiochi per selezionare nuovo personale.

Questo metodo prende il nome di gamification – termine coniato nel 2002 da Nick Pelling (un inglese esperto di IT) ma diventato di uso comune solo nel 2010 – con cui si intende l’uso del ragionamento e dei meccanismi del gioco in un contesto non ludico, che favorisce l’impegno da parte di studenti e lavoratori nel processo di apprendimento

Nel 2012, Forbes ha pubblicato uno studio, dal quale emerge che:

  • i principi del gioco favoriscono la creatività, l’apprendimento, la partecipazione e la motivazione;
  • l’adozione della gamification in ambito lavorativo entro il 2020 apporterà benefici nell’ambito del recruiting, della formazione, del benessere, del marketing e della comunicazione.

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Imprenditoria giovanile: politiche attive e buone pratiche

Come evidenziato in un post precedente, negli ultimi anni l’UE sta focalizzando l’attenzione sulle politiche per l’occupazione dei giovani, investendo in alcune iniziative strategiche, come per esempio Garanzia Giovani.
Alcuni studi, che descrivono e comparano la situazione delle politiche attive per il lavoro giovanile dei vari Paesi, consentono un primo bilancio e alcune riflessioni sulle future direzioni da prendere.

Tra questi, il recente report “Youth entrepreneurship in Europe: Values, attitudes, policies” della fondazione Eurofound, analizza i fattori individuali e sociali che incidono sulla scelta imprenditoriale e le politiche attive per il lavoro giovanile, che costituiscono buone pratiche da esportare e diffondere.

Di seguito una sintesi dei principali dati del report.

La scelta imprenditoriale

Il 6,5% dei giovani (di età compresa tra i 19 e i 29 anni) sceglie la carriera imprenditoriale, ma esistono notevoli differenze tra i Paesi membri dell’UE: ad esempio in Italia e Grecia il tasso è del 15% mentre in Germania e Danimarca è del 3%. Questi dati riflettono differenze nazionali significative in termini sia di barriere/opportunità nell’avvio di nuove imprese, sia nelle diverse condizioni del mercato del lavoro.

La libera professione riguarda prevalentemente gli uomini: nel 2013 nell’UE a 28 solo il 33% di lavoro autonomo era svolto da giovani donne.

Inoltre, esiste una sovrastima di lavoratori autonomi in alcuni settori, come quello delle costruzioni, dove il problema delle false partite IVA è particolarmente evidente.

La scelta di svolgere un lavoro autonomo è complessa e deriva da micro e macro fattori, tra cui gli atteggiamenti individuali e sociali, che determinano la percezione e la fattibilità della carriera imprenditoriale.

A dispetto delle basse percentuali di scelta effettiva, il 48% dei giovani europei trova la scelta imprenditoriale desiderabile e il 41% la ritiene fattibile.
Però, queste percentuali sulla desiderabilità e sulla fattibilità risultano inferiori rispetto a quelle dei giovani americani o dei Paesi emergenti come Brasile, Cina e India.

Dall’Analisi delle caratteristiche personali, coerentemente con la letteratura, emerge come la personalità imprenditoriale prediliga alcuni valori, che incidono sui comportamenti sociali. Nello specifico:

  • l’autoimpiego è associato positivamente a elementi quali l’autodirezione e la stimolazione, negativamente a tradizione, conformismo e sicurezza. Questo lascia supporre che per i giovani lavoratori autonomi sia importante essere liberi e creativi, provare esperienze diverse nella vita e assumersi dei rischi;
  • la tendenza al cambiamento sembra un comportamento distintivo degli autonomi, mentre la conformità è chiaramente associata con i lavoratori dipendenti.

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Lavoro agile: nuovi modi di lavorare e collaborare

Lo smart working, anche noto come “lavoro agile”, si riferisce a tutte quelle forme di flessibilità (spaziali, temporali, metodologiche) applicabili all’interno di un organizzazione.
Costituisce un evoluzione rispetto alle forme di telelavoro che, nato e normato per venire incontro alle esigenze di particolari categorie di lavoratori, come le donne con figli o le persone con disabilità, si era dimostrato uno strumento che portava all’isolamento e al rischio di esclusione dall’avanzamento di carriera per chi ne usufruiva.

Di recente un gruppo di parlamentari ha depositato una proposta di legge, con l’intento di migliorare la legislazione esistente sul telelavoro, ormai obsoleta in quanto risalente a un periodo in cui non esistevano le tecnologie attuali.
In Italia, dove il problema delle capacità di innovazione e dell’aumento della produttività delle imprese è particolarmente evidente, lo smart working riveste un certo interesse e, infatti, sul web sono presenti molti contributi che ne sottolineano i vantaggi e l’apporto innovativo.

Come riportato da un articolo su Repubblica, secondo il Financial Times, il lavoro fuori dall’ufficio riguarda il 14% dei lavoratori inglesi e il 20% degli americani. Dalle scrivanie e dall’ufficio tradizionale spariscono cartoline, foto, biro, sostituite da smartphone, tablet, PC portatili. Le nuove postazioni di lavoro possono stare dovunque, con l’impiego di spazi molto ridotti.

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Istituti Tecnici Superiori: un passo verso la formazione professionale di qualità?

Il D.P.C.M. del 25 gennaio 2008 ha stabilito che le Regioni devono adottare un Piano Territoriale triennale, in cui sia prevista la programmazione dei corsi IFTS da 800/1000 ore e l’istituzione di Istituti tecnici Superiori (I.T.S.) con la relativa offerta formativa (corsi da 1800/2000 ore).
Gli I.T.S. sono “scuole speciali di tecnologia” che costituiscono un canale formativo di livello postsecondario, parallelo ai percorsi accademici. Formano tecnici superiori nelle aree tecnologiche strategiche per lo sviluppo economico e la competitività e si costituiscono secondo la forma della Fondazione di partecipazione, che comprende scuole, enti di formazione, imprese, enti locali, università e centri di ricerca.
Le Aree Tecnologiche degli I.T.S. sono 6:

  • efficienza energetica
  • mobilità sostenibile
  • nuove tecnologie della vita
  • nuove tecnologie per il Made in Italy
  • tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e il turismo
  • Tecnologie dell’informazione e della comunicazione

Situazione attuale

Finora sono stati attivati 74 I.T.S. in tutta Italia: tra le Regioni spiccano Emilia Romagna, Lombardia e Lazio con 7 I.T.S. per ciascuna, agli ultimi posti si trovano Sardegna, Umbria e Molise con un I.T.S. per ciascuna.

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Pitch: come vendere al meglio il proprio brand

Nel mondo degli startupper/imprenditori/innovatori sono sempre più di tendenza iniziative come Pitch&drink,
un evento di networking nato in Brianza nel 2013 e diffuso ormai in tutta Italia.
Consiste nella presentazione della propria idea di business da parte di aspiranti imprenditori, davanti a un pubblico di appassionati e a un panel di mentor, al fine di ottenere importanti feedback, all’interno di un contesto molto informale come l’aperitivo.
In questo caso il pitch dura 6 minuti, ma la sua durata può essere più lunga o anche molto più breve (da qui il nome di elevator pitch).

Quali competenze sono necessarie per tenere un pitch nel modo migliore?

Idealmente si suppone che le persone siano in grado di presentare in modo conciso la propria idea professionale, in modo tale da colpire e eccitare chi ascolta che, in seguito, si manterrà in contatto con chi ha tenuto il pitch, con l’obiettivo di coltivare interessi comuni. Però, nella maggiorparte dei casi, chi tiene un pitch non raggiunge tali obiettivi e questo è un danno, in quanto il pitch costituisce la modalità principale per fare rete e promuovere il proprio brand.

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Creatività + Collaborazione = COWORKING!

“La crescente rilevanza degli spillover della conoscenza non riguarda soltanto le città in cui imprese e lavoratori si organizzano in un cluster, ma è arrivata a ridefinire la stessa struttura fisica del luogo di lavoro”. Così Enrico Moretti, docente di Economia alla Berkeley University (USA), nel suo libro “La nuova geografia del lavoro” spiega cosa ha portato alla creazione degli spazi di coworking nella Silicon Valley (p. 121).
A partire dalla metà degli anni 2000 negli USA, questa nuova modalità di lavoro si è via via diffusa anche in Europa.

Ma cos’è il coworking?

In sintesi, è uno spazio (un ufficio) condiviso, dove le persone – pur non essendo dipendenti di una stessa azienda ma solitamente dei liberi professionisti – spesso con una buona dose di creatività e una spiccata tendenza alla collaborazione, decidono di svolgere le loro attività fianco a fianco ad altri professionisti dello stesso o di diverso ambito lavorativo, condividendo idee, problemi, progetti e aiutandosi reciprocamente.
Non costituiscono dei servizi per lunghi periodi o per l’intera giornata, cioè non necessariamente si stipulano dei contratti d’affitto a lungo termine per una postazione di lavoro, ma si può usufruire del servizio anche solo per qualche ora al mese o, nel caso di professionisti di passaggio, per qualche ora in una giornata. Quindi è una modalità molto flessibile e adatta a esigenze diverse, a seconda della persona e delle specifiche necessità del momento. Solitamente alle postazioni di lavoro, che comprendono una scrivania, una connessione ad alta velocità, una linea telefonica, una stampante si affianca uno spazio con la macchinetta per il caffè e una sala riunioni/conferenze.

La filosofia di fondo del coworking poggia su alcune idee basilari:

  1. La collaborazione. Dalla condivisione di conoscenze nascono nuove idee e nuove aggregazioni tra persone che altrimenti non si incontrerebbero;
  2. la trasparenza e l’apertura. La libertà di circolazione non solo delle persone ma anche delle loro idee, apporta benefici per tutti e non solo per pochi privilegiati;
  3. la comunità. Si prospera sulla collaborazione e sul supporto reciproco;
  4. l’accessibilità. Si garantisce il servizio a tutti, sia in senso economico (con prezzi compatibili anche per chi ha possibilità limitate, sia in senso fisico (spazi che non precludano l’accesso a persone svantaggiate, come ad esempio quelle con disabilità).

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