Adam Grant è docente di comportamento organizzativo alla Wharton School dell’Università della Pensilvania, e uno dei massimi esperti di psicologia del lavoro. Oltre a Essere originali pubblicato in Italia nel 2016 di cui parliamo in questo post, è autore del best seller Più dai più hai. Un approccio rivoluzionario al successo del 2013.

Originalità

Grant afferma che l’originalità riguarda l’introdurre e il portare avanti un’idea, relativamente insolita all’interno di un determinato contesto e potenzialmente in grado di migliorarlo.

Sulla base di questo, il libro si articola in 3 sezioni.

La prima si concentra sulla gestione dei rischi connessi alla generazione, al riconoscimento e alla presentazione di idee originali. Per definizione, le nuove idee sono piene di incertezza e, grazie alle evidenze, è possibile col tempo affinare le proprie capacità di riconoscerle, evitando di lanciarsi su idee sbagliate oppure scartare quelle buone. Una volta trovata un’idea intelligente il passo successivo è quello di comunicarla in modo efficace.

La seconda focalizza l’attenzione su alcuni miti da sfatare sulle persone che hanno successo. Per esempio si pensa che per vincere sul mercato bisogna essere i primi. Ma, inaspettatamente, alcuni dei più grandi successi creativi e iniziative di cambiamento nella storia hanno le loro radici nel rinvio. La tendenza a ritardare e posticipare può aiutare gli imprenditori a costruire aziende che durano, i leader a guidare gli sforzi di trasformazione e gli innovatori a mantenere la loro originalità.

La terza riguarda la liberazione e il mantenimento dell’originalità, sia in casa che al lavoro. L’autore prende in esame il modo con cui alimentare l’originalità nei bambini,
spiegando come i genitori, i fratelli maggiori e tutti i modelli di riferimento plasmano le tendenze alla ribellione.
Da qui analizza poi come i leader possano incoraggiare opinioni dissenzienti, in grado di favorire lo sviluppo dell’originalità.
Il libro si chiude con alcune riflessioni sulle emozioni che facilitano e/o ostacolano l’originalità. Per esempio un gruppo di 25enni ha superato la paura e l’apatia rovesciando un tiranno, mentre un avvocato ha combattuto i cambiamenti climatici nuotando nel mare del Polo Nord. Secondo l’autore, questo costituisce la prova che mantenere la calma non è il modo migliore per gestire l’ansia, la rabbia non va trattenuta e il pessimismo è talvolta più energizzante dell’ottimismo
In definitiva, le persone originali sono quelle che spingono ad andare avanti. Ciò che colpisce maggiormente l’autore è che le esperienze interiori di queste persone non sono diverse da quelle degli altri, in quanto provano la stessa paura e hanno gli stessi dubbi.

Quello che li distingue è che agiscono comunque. Sanno, in cuor loro, che il fallimento gli procurerà meno dispiacere di non averci provato.

Promuovere le idee originali

Nelle ultime pagine, Grant propone alcuni suggerimenti per gestire le idee originali. Ne riportiamo alcuni

Per generare e riconoscere idee originali è necessario:

  • mettere in dubbio l’impostazione predefinita (status quo)
  • triplicare il numero di idee che si genera
  • immergersi in contesti diversi
  • ritardare in modo strategico
  • chiedere più feedback dai pari

Per selezionare idee originali è opportuno:

  • bilanciare i rischi
  • evidenziare i motivi per non supportare l’idea
  • rendere l’idea più familiare, per esempio collegandola ad altre più convenzionali
  • parlare a una platea meno consensuale (per esempio non costituita da amici)
  • temperare l’idea quando è troppo radicale

Per gestire le emozioni bisogna:

  • trovare motivazioni diverse quando ci si trova di fronte all’ignoto e all’incertezza
  • non cercare di calmarsi, eventualmente trasformare l’ansia in emozioni altrettanto intense ma positive, come l’entusiasmo e l’interesse
  • focalizzarsi sulla vittima di un’ingiustizia piuttosto che sul colpevole
  • cercare alleati
  • pensare che se non si farà niente, si manterrà lo status quo

In conclusione

Il libro è molto ricco di esempi, che rendono piacevole la lettura. Unica pecca, se così si può dire, un po’ troppo lungo: per spieigare alcuni concetti basterebbero molte meno pagine.
Ma considerato che l’autore è americano, la critica è legata più probabilmente a differenze culturali che non a un problema sostanziale.
Se decidete di leggerlo, ci fate sapere cosa ne pensate (con un commento dopo il post)?

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