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Responsabilità sociale d’impresa: conviene alle società di piccole dimensioni?

Responsabilità sociale d’impresa: conviene alle società di piccole dimensioni?

Con il DECRETO LEGISLATIVO 30 dicembre 2016, n. 254, l’Italia ha recepito la direttiva europea 95/2014 secondo cui le imprese con almeno 500 dipendenti hanno l’obbligo di comunicare informazioni di carattere non finanziario e informazioni sulla diversità.

Più in dettaglio, il decreto prevede l’obbligo di inserire nella relazione sulla gestione una dichiarazione di carattere non finanziario contenente informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione. Tale dichiarazione deve riportare, tra l’altro, una breve descrizione del modello aziendale dell’impresa, delle politiche applicate dall’impresa su questi aspetti, il risultato di tali politiche, i principali rischi connessi a tali aspetti, gli indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario connessi all’attività specifica dell’impresa.

Nonostante alcune grandi società (multinazionali e non) abbiano da anni inserito la responsabilità sociale (RSI) come strategia aziendale, per la maggior parte delle imprese si tratta di una novità assoluta e in molti ritengono che questo apporterà delle modifiche anche a livello di imprese di piccole dimensioni.

La RSI nelle piccole imprese

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L’uso dei Fondi Interprofessionali

La Legge n.388 del 2000 prevede che le imprese possano destinare la quota dello 0,30% dei contributi versati all’INPS (definito “contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria”) a uno dei Fondi Paritetici Interprofessionali nazionali. I datori di lavoro possono aderire ad un secondo fondo esclusivamente per la formazione dei propri dirigenti, scegliendo tra i Fondi appositamente costituiti per tale scopo.
I Fondi Paritetici Interprofessionali nazionali per la formazione continua sono organismi di natura associativa, promossi dalle organizzazioni di rappresentanza delle Parti Sociali attraverso specifici Accordi Interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale.
Sono intersettoriali e l’adesione all’uno o all’altro è volontaria.
I 18 Fondi Interprofessionali – attualmente operativi – possono finanziare piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, destinati al personale delle imprese.
Con la legge 148/2011 possono essere finanziati anche piani per lavoratori in apprendistato e e a progetto.

La situazione attuale

Secondo quanto emerge dal XV rapporto sulla formazione continua dell’ISFOL, pubblicato lo scorso mese di marzo, nel 2014:

  • l’adesione ai fondi interprofessionali è in costante crescita, soprattutto tra le piccole e le micro imprese. Riguarda il 69% delle imprese private (in termini assoluti oltre 920 mila), che corrisponde all’83% dei lavoratori privati (oltre 9,6 milioni);
  • la crescita delle adesioni è particolarmente significativa nel Mezzogiorno;
  • La mobilità da un fondo a un altro riguarda il 13.3% delle imprese;
  • circa il 42% di risorse normalmente destinate al supporto della formazione di imprese e lavoratori, è stato destinato alle indennità per i lavoratori in cassa integrazione in deroga o in mobilità in deroga. Fino a questa data la percentuale non aveva mai superato il 20%.

I piani formativi

Sempre dal XV rapporto ISFOL emergono alcuni dati importanti sui contenuti e i metodi adottati dai Fondi per erogare la formazione..

1. Oltre la metà dei piani formativi riguarda il Mantenimento/aggiornamento delle competenze mentre, con un aumento dell’8%, il 35.2% concerne la competitività/innovazione di impresa.

2. La partecipazione ha interessato il 44% dei lavoratori, percentuale doppia rispetto all’anno precedente.

3. Aumenta, in modo particolare nelle piccole e micro imprese, la partecipazione a corsi di formazione obbligatori per legge, attestandosi al 37.7%. Ciò denota come le imprese non siano in grado di ottemperare agli obblighi normativi con risorse proprie.

4. La salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, che riguarda quasi il 50% delle imprese e il 57% dei lavoratori, è la tematica più ricorrente, costantemente in crescita negli ultimi anni.

5. Aumentano le imprese che realizzano in proprio le attività formative (la percentuale è del 66.4%), mentre calano gli organismi attuatori esterni (enti di formazione e società di consulenza) che, comunque, continuano a giocare un ruolo centrale. Il ricorso a questi ultimi è, infatti, particolarmente frequente nei progetti finanziati dai Fondi per i dirigenti,
che prevedono percorsi strutturati con attività più flessibili e personalizzate.

6. Il 96.4% dei progetti prevede esclusivamente attività formative standard, appena il 2.1% comprende servizi aggiuntivi, come il bilancio di competenze e il coaching.

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Uomo, capitale e lavoro: una relazione complessa

Nell’immaginario collettivo il capitale umano ha solitamente un’accezione negativa. Questo è dovuto da una parte al fatto che “capitale” evoca l’aspetto squisitamente economico/monetario dell’uomo, dall’altra all’immagine che ne danno alcuni prodotti culturali, come l’ultimo bellissimo film di Paolo Virzì, che descrive una società in decadenza e priva di qualsiasi valore morale e nella quale gli ultimi sono destinati a restare…

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