Cinque diverse generazioni convivono, attualmente, sui luoghi di lavoro: Silent generation, Baby Boomer, Generazione X, Generazione Y, Generazione Z Negli ultimi anni in molti, tra esperti, manager e ricercatori, hanno evidenziato le notevoli differenze tra queste generazioni, con l’obiettivo di indirizzare in modo corretto le pratiche manageriali. A ben vedere, però, una minoranza sempre crescente non è d’accordo e sottolinea come non ci siano evidenze a supporto di queste differenze.
Un primo importante aspetto da considerare è la difficoltà nel separare gli effetti di tre fattori correlati tra loro ma molto diversi:
- l’età, che riguarda la variazione associata all’invecchiamento attribuibile allo stadio di vita e alla maturità;
- il periodo, relativo alla variazione associata a uno specifico periodo di tempo (per esempio quello in cui vengono rilevate le differenze generazionali);
- la coorte, che si riferisce alla variazione associata a gruppi di persone, sulla base di esperienze condivise).
Quando la “generazione” viene misurata in base a età e periodo, e abbastanza probabile che qualsiasi differenza rilevata sia da attribuire all’età delle persone (al momento dell’osservazione) o all’arco di tempo durante il quale i dati sono stati raccolti.
Questo significa che età, periodo e coorte sono molto legati tra loro e che separare i singoli effetti è abbastanza complicato.
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Differenze d’età
Come riportato in un recente studio apparso su Industrial and Organizational Psychology in media esistono alcune distinzioni tra lavoratori anziani e giovani. Per esempio, si riscontrano cambiamenti graduali nel tempo in alcuni fattori legati al lavoro, come la soddisfazione lavorativa, l’attaccamento all’organizzazione (commitment)e il turnover, nonché alcune differenze nelle caratteristiche della personalità (come il dominio sociale e il narcisismo).
Il problema, però, è capire se queste differenze dipendano realmente dalla generazione di appartenenza o da altri fattori.
Ci sono, inoltre, problemi concettuali. Per esempio, le differenze generazionali, indipendentemente dall’approccio utilizzato per rilevarle, non sono necessariamente attribuibili o definibili sulla base di intervalli temporali relativi agli anni di nascita, tra l’altro stabiliti arbitrariamente.
Piuttosto, vi sono altri fattori, meglio supportati da evidenze scientifiche, in grado di spiegare tali differenze, come caratteristiche individuali, fattori ambientali (per esempio le nuove tecnologie) e i cambiamenti interni alle persone nel tempo.
Stereotipi comuni
Nonostante non vi siano dati oggettivi a supporto dell’esistenza di differenze generazionali, alcune spiegazioni, all’apparenza più o meno logiche, sembrano sostenere bene la diffusione di queste credenze.
Per esempio, secondo uno stereotipo comune, i Millennial sono descritti come socialmente consapevoli ma cinici e narcisisti.
Questo perchè si presume che siano cresciuti con genitori attenti a promuovere e proteggere la loro autostima, il che ha prodotto giovani adulti consapevoli dei loro diritti e spiccatamente narcisisti.
Nonostante la grande diffusione di tali convinzioni tramite i media, questo non è sicuramente un modello di genitorialità uniformemente adottato in tutti i segmenti della società.
Se, da un lato, la coscienza sociale può provenire da connessioni più diffuse con gli altri e dalla consapevolezza più ampia del mondo grazie alla tecnologia sempre a portata di mano, dall’altro, tutti hanno la tecnologia a disposizione e la utilizzano costantemente.
Secondo un’altro stereotipo, si pensa che le persone appartenenti alla Generazione X siano state influenzate da eventi storici come la diffusione dell’AIDS e da altri eventi locali, come aver avuto genitori impegnati nel lavoro e poco attenti ai loro bisogni, oppure divorziati. Questo avrebbe favorito la loro propensione a stare da soli, il loro scetticismo e l’individualismo.
Sebbene le tendenze su larga scala indichino una maggiore probabilità che i nati di questa generazione abbiano avuto tali esperienze familiari più delle generazioni precedenti, ipotizzare che ciascun lavoratore della Generazione X abbia questo background familiare e, ancora di più, trattarlo di conseguenza, comporta molti rischi di compiere errori nella valutazione e nella definizione delle politiche aziendali.
Gli stereotipi sono difficili da rimuovere, perché si presentano come molto accurati, precisi e facilmente comprensibili a tutti.
Come qualsiasi altro schema, le persone tendono a notare, archiviare e ricordare le informazioni su un gruppo o una persona che è coerente con uno stereotipo, mentre hanno meno probabilità di dare la giusta importanza esperienze in cui lo stereotipo non viene confermato.
In conclusione
Quando leader e manager si preoccupano di ciò che percepiscono come problemi generazionali, basandosi su stereotipi non supportati dalla pratica o da dati oggettivi, possono mettere in atto sforzi inutili, inappropriati, dispendiosi, oltre che illegali e con conseguenze potenzialmente dannose.
In primis, non è sufficiente semplicemente descrivere le differenze intergenerazionali, ma occorrerebbe analizzare in profondità le generazioni e il modo in cui influenzano il cambiamento, prestando attenzione a quelle differenze tra i dipendenti che effettivamente influiscono sulle performance e sui risultati dell’organizzazione, nonchè sui ai trend demografici che caratterizzano la forza lavoro attuale e futura.
Inoltre, queste differenze individuali critiche possono essere riscontrate a vari livelli nel corso degli anni nella forza lavoro. Per esempio, i dipendenti più anziani possono mostrare un maggiore attaccamento verso l’organizzazione rispetto a colleghi più giovani, ma non perché sono Boomers invece che Millennials. Piuttosto, le differenze potrebbero essere dovute al fatto che i lavoratori più anziani hanno investito di più nel lavoro, nell’azienda e nella carriera rispetto a quanto non abbia fatto chi sta iniziando ad affacciarsi nel mercato del lavoro.
Infine, le organizzazioni devono attivamente scansionare l’ambiente, identificare le tendenze e i cambiamenti reali nella forza lavoro, capire come sviluppare e far progredire le qualità positive,, senza dare per scontato che un dipendente in particolare abbia una certa caratteristica in quanto appartenente a una generazione piuttosto che a un’altra.
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