Tag: CSR

Disability management all’interno delle politiche di CSR

Disability management all’interno delle politiche di CSR

L’assunzione di persone con disabilità comporta spesso numerosi vantaggi, tra cui aumenti dei profitti, efficacia dei costi, abbassamento del turnover, fidelizzazione, maggiore affidabilità e lealtà da parte dei dipendenti, miglioramento dell’immagine aziendale; vantaggi competitivi come clienti diversificati e maggiore soddisfazione, innovazione, etica del lavoro, sicurezza), cultura del lavoro inclusiva e consapevolezza delle capacità.
I benefici direttamente legati alle persone con disabilità fanno riferimento a una migliore qualità della vita e del reddito, una maggiore fiducia in se stessi, un ampliamento delle relazioni sociali e un senso di comunità (Lindsay et al., 2018).

A questi benefici non è, però, associata un’adeguata consapevolezza e una conseguente azione da parte delle imprese. I motivi di questa mancanza sono legati al poco spazio dedicato alle politiche sulla disabilità che rientrano nel più generale contesto del diversity management e alle scarse indicazioni in proposito fornite da linee guida e standard internazionali.

Politiche di CSR per la disabilità

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Diversity, CSR e innovazione: una relazione importante nelle piccole e medie imprese

Diversity, CSR e innovazione: una relazione importante nelle piccole e medie imprese

Spesso la diversity e la CSR (Corporate Social Responnsibility) sono messe in relazione con l’innovazione (in particolare quella tecnologica sia di prodotto che di processo).
Non sempre, però, le aziende ottengono risultati soddisfacenti con l’implementazione di questo tipo di politiche.
In un recente studio Bocquet et al. (2019) provano a fare il punto su questa relazione, prendendo in esame un campione di 1348 piccole e medie imprese in Lussemburgo, i cui risultati possono essere utili anche per le PMI italiane.

Diversity e CSR

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Responsabilità sociale e performance finanziaria dell’impresa: una relazione causa-effetto?

Responsabilità sociale e performance finanziaria dell’impresa: una relazione causa-effetto?

Sono in molti a ritenere che le imprese che adottano politiche di responsabilità sociale hanno un conseguente aumento nei livelli di performance finanziaria. In realtà, ciò che spesso si evidenzia è una correlazione tra i 2 aspetti, il che non implica una relazione di causa effetto, per cui la seconda sarebbe diretta conseguenza della prima. Conoscere esattamente in che rapporto…

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Responsabilità sociale e portatori di interesse interni all’impresa

Responsabilità sociale e portatori di interesse interni all’impresa

La Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) viene spesso considerata nel suo aspetto esterno, cioè in relazione alle politiche aziendali per la tutela dell’ambiente o attività filantropiche destinate alle comunità di appartenenza. In realtà, anche se meno presa in considerazione, la RSI ha una dimensione interna che riguarda la vita delle organizzazioni e può essere percepita e vissuta in modi diversi dai dipendenti.

In generale, secondo un approccio ormai consolidato e condiviso, la RSI risponde alle esigenze di diversi portatori di interesse (stakeholder), ossia gli individui e i gruppi che possono influenzare ed essere influenzati dalle attività dell’impresa. Di conseguenza, le organizzazioni dovrebbero assumersi maggiori responsabilità nei confronti dei loro principali soggetti interessati, tra cui i dipendenti, i clienti, i consumatori, i fornitori e le comunità di riferimento.

Ascolta anche il podcast: Cosa significa “responsabilità sociale” per un lavoratore

RSI e commitment

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Valutare la Responsabilità sociale delle imprese

La Comissione Europea (EC 2011, A renewed EU strategy 2011-14 for Corporate Social Responsibility)
definisce, in modo sintetico e onnicomprensivo, la RSI come la “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”. In tale definizione rientra quindi il rispetto per la legislazione
(internazionale e statale), l’attenzione per le questioni sociali e ambientali, la trasparenza, il rapporto con gli stakeholder.

La RSI nell’UE

Come descritto da Paolo Pantrini su SecondoWelfare
la RSI ha due dimensioni.

1. La dimensione interna. Riguarda:

  • la gestione delle risorse umane, che comprende la work-life balance, la parità di retribuzione e opportunità di carriera di genere, la non discriminazione per ragioni etniche, l’assunzione di categorie svantaggiate;
  • la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
  • la gestione delle trasformazioni industriali;
  • l’impatto ambientale.

2. La dimensione esterna. Fa riferimento al rapporto con tutti gli stakeholder (comunità locale, partner commerciali, fornitori, consumatori), alla promozione dei diritti umani e dell’ambiente
a livello planetario.

In sintesi, la politica dell’UE sulla R.S.I.:

  • si basa sul principio che l’intervento pubblico deve essere estremamente ridotto, non deve minare la volontarietà delle imprese, ma disegnare un quadro generale che favorisca comportamenti responsabili sul piano sociale e ambientale, con particolare attenzione alla qualità e alla convergenza delle procedure adottate, garantirne la verifica indipendente e sostenere le buone pratiche;
  • suggerisce l’integrazione dei principi della R.S.I. in tutti gli ambiti delle politiche comunitarie.

Il 6° Studio sugli Investimenti Sostenibili e Responsabili in Europa, condotto dal Forum Europeo per gli Investimenti Sostenibili e Responsabili (EUROSIF) nel 2014 ha analizzato le strategie di R.S.I., i trend in Europa e in 13 Paesi europei. I principali risultati emersi sono:

  • tutte le strategie di R.S.I. hanno registrato tassi di crescita a doppia cifra tra il 2011 e il 2013;
  • le strategie di esclusione diventano mainstream. Tra queste le più note riguardano la rinuncia a investimenti su bombe a grappolo e mine antiuomo;
  • le strategie di engagement e azionariato attivo fanno progressi significativi, soprattutto in alcuni Paesi come l’Italia, in cui si registra una crescita pari al 193%;
  • l’Impact investing, preso in considerazione per la prima volta, è la strategia che cresce più rapidamente, con una percentuale del 132%, pari a 20 miliardi. Al suo interno, si stima che la microfinanza copra il 50% degli attivi;
  • le pratiche di integrazione di fattori non finanziari nelle decisioni sono cresciute del 65%. Tra queste la considerazione di elementi non finanziari negli investimenti e di analisi e ricerche non connesse ad aspetti monetari;
  • parallelamente all’aumento della sensibilità diffusa per i temi ambientali, sociali e della governance, l’attenzione si sta spostando dall’utilità della R.S.I. dal punto di vista finanziario, al come il suo impatto si possa quantificare e misurare.

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