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Professione “docente” in Europa

nel recente report Education and Training Monitor 2015 di Eurydice
sono stati analizzati i sistemi d’istruzione e formazione dei Paesi dell’UE.
Nonostante le notevoli differenze tra un Paese e l’altro, il report sottolinea alcune evidenze comuni e fornisce indicazioni per i futuri sviluppi, in riferimento agli obiettivi del programma ET 2020. Presenta, inoltre, i risultati relativi ai singoli Paesi.

Nello specifico, per l’Italia il report evidenzia che:

  • il sistema di valutazione, introdotto di recente, getta le basi per il miglioramento del sistema d’istruzione e formazione;
  • persistono notevoli differenze tra le Regioni;
  • il tasso di giovani diplomati dell’istruzione terziaria è il più basso degli studenti dell’UE e molti ancora abbandonano questo livello senza averlo concluso;
  • il work-based learning non è sufficientemente sviluppato e l’ingresso nel mercato del lavoro è difficile per i giovani, compresi quelli high skilled;
  • la spesa pubblica destinata all’istruzione – in particolare a quella terziaria – è tra le più basse dell’UE.

Modernizzare la scuola

Focalizzando l’attenzione sui temi della qualità, della rilevanza e dell’inclusione, il report dedica uno spazio particolare alla modernizzazione della scuola e alla formazione iniziale e continua dei docenti.

In generale, il corpo docente appare caratterizzato da un notevole divario di genere e, in molti Paesi, da un significativo invecchiamento demografico.

Fabbisogni formativi dei docenti

Il 40% dei docenti europei della scuola secondaria di primo grado esprime un bisogno medio o alto di formazione sull’apprendimento individualizzato, sull’orientamento professionale e sul counselling. Al primo posto nella lista si colloca la formazione continua sui bisogni educativi speciali (indicata dal 58% dei docenti), seguita da quella sulla gestione della classe (espressa dal 41%) e sui contesti multiculturali (38%).
Inoltre, dall’analisi dei dati dello studio TALIS (2013) dell’OCSE, è emerso che il57% dei docenti ha bisogno di sviluppare capacità nell’uso delle ICT nella didattica, mentre il 53% sulle ICT sul posto di lavoro. Questi bisogni aumentano con l’età.

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Abbandono precoce degli studi: non basta rilevare i dati

Gli “early leavers” – secondo la definizione di Eurostat (Labour force survey, 2013) –
sono i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni, in possesso del titolo della scuola secondaria di primo grado, che non hanno conseguito qualifiche professionali ottenute in corsi con durata di almeno 2 anni e che non frequentano né corsi scolastici né attività formative.
Questa percentuale, secondo la Strategia Europa 2020, dovrebbe abbassarsi a meno del 10%.

I dati sulla situazione italiana nel 2013 mostrano che:

  • a fronte di una media europea del 12%, in Italia abbandona prematuramente gli studi il 17% degli studenti;
  • nell’Europa a 28, l’Italia è al quint’ultimo posto;
  • la situazione è decisamente peggiore nel Mezzogiorno e nelle isole, con punte anche del 21%.

Il recente report Eurydice
Tackling early leaving from education and training in Europe
sottolinea come l’abbandono precoce rappresenti un problema complesso, a livello individuale, delle istituzioni scolastiche e formative, nazionale ed europeo. I giovani che abbandonano il sistema educativo prima di aver conseguito una qualifica del secondo ciclo risultano svantaggiati rispetto a quelli che concludono il percorso educativo.
Sebbene il problema sia apparentemente di tipo educativo/formativo, in realtà le cause sono più profondamente di natura sociale e e politica.
La raccolta dei dati, l’attuazione e il monitoraggio delle misure e delle politiche dovrebbero essere basati su una strategia globale, che preveda un approccio equilibrato alla prevenzione , all’intervento e alla compensazione .

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Valutare la scuola per migliorare la qualità della società

La valutazione scolastica ha l’obiettivo di monitorare e/o migliorare la qualità della scuola nel suo complesso, fa riferimento a una serie di attività quali l’insegnamento, l’apprendimento e tutti gli aspetti legati al management. Esistono due tipi di valutazione: quella esterna (condotta da esperti non appartenenti allo staff della scuola) e quella interna (effettuata principalmente dal personale interno). Costituisce una tra le modalità per garantire la qualità del servizio scolastico, diffusa in molti Paesi europei. Nei sistemi in cui non è presente, o lo è in misura minima, viene affiancata ad altri tipi di valutazione, come il monitoraggio dell’intero sistema di istruzione/formazione, la valutazione individuale degli insegnanti o la valutazione dei servizi educativi gestiti da autorità locali.

Un quadro completo del sistema di valutazione della scuola è riportato nel recente report Eurydice “Assuring quality in education: approaches and polices to school evaluation in Europe”, dove vengono esaminati e confrontati 32 Paesi.

In Italia, il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) è stato adottato con la L. 10/2011 e regolamentato dal D.P.R. 80/2013, viene coordinato dall’INVALSI
ed è focalizzato su:

  • efficienza ed efficacia della scuola;
  • qualità dell’erogazione del servizio.

Nell’anno scolastico in corso, il primo in cui il SNV viene realizzato, è prevista una fase di autovalutazione da parte degli istituti scolastici ai quali, nel novembre scorso, è stato fornito un format per l’autovalutazione.
Nel novembre 2015 l’INVALSI pubblicherà il rapporto su questa prima fase e, dal prossimo anno scolastico, sarà attuata la valutazione esterna.

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