Un bambino orfano che si occupa di tenere a posto gli orologi di una vecchia stazione ferroviaria, sullo sfondo della Parigi anni ’30 del secolo scorso, è il protagonista di “Hugo Cabret”,
un film fantasy in 3D del 2011, che ha vinto 5 premi Oscar e che , per molti aspetti, rappresenta la celebrazione dell’artigiano e del suo lavoro manuale.
Dal cinema a Internet, passando per il contesto accademico e quello industriale, possiamo notare come la valorizzazione e riaffermazione del lavoro degli artigiani – o meglio “artigiani digitali” o makers – abbia acquistato di recente grande importanza anche nella stampa cartacea e digitale.
La crisi dell’industria manifatturiera, con la chiusura e la delocalizzazione di molte fabbriche, ha lasciato un vuoto nei territori, che via via viene colmato da iniziative imprenditoriali più piccole o anche a carattere individuale, in parte anche domestico.
Questi nuovi spazi, per definizione creativi e collaborativi, prendono il nome di fablab
(dall’inglese Fabrication Laboratory), sono nati per caso nel MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston e si sono diffusi a livello globale, dagli Stati Uniti all’Europa, all’Africa e ad alcuni Paesi dell’Asia.
L’Italia, seppur con un certo ritardo, non è rimasta esclusa da questa tendenza e, ormai, i fablab rappresentano delle realtà consolidate in molte delle nostre città. Il primo fablab italiano è nato nel 2011 a Torino,
ma oggi sono presenti circa un centinaio di fablab, spalmati su tutto il territorio nazionale, con un trend in crescita.
Un’analisi approfondita del fenomeno fabLab in Italia è proposta nella recente pubblicazione “Il rilancio delle imprese manifatturiere italiane e le nuove tecnologie digitali”, redatta da AICA.
In sintesi, l’analisi evidenzia 4 aspetti
La dotazione tecnologica
E’ composta da macchinari e tecnologie di ultima generazione, come stampanti 3D, Arduino, scanner 3D, ma anche di macchinari tradizionali tipici delle attività artigianali come fresatrici a controllo numerico, torni, strumentazioni per falegnamerie, ecc..
Le tecnologie open source sono quelle più diffuse, ma nel 50% dei casi sono impiegati anche software di progettazione con licenza, insieme a software sviluppati al loro interno.
Oltre il 60% dei fablab utilizza piattaforme di collaborazione, come ad esempio i sistemi di file sharing basati sullo storage online.
I servizi erogati
Sono principalmente 3:
- la progettazione e prototipizzazione;
- la consulenza in merito alla scelta di stampanti 3d;
- la consulenza riguardo la scelta dei materiali stampabili.
Le competenze
Risultano molto diversificate e specializzate in determinati ambiti.
In primis, ci sono le competenze di programmazione su piattaforme Arduino (indicate dall’85% del campione), seguite da quelle specialistiche in tema di conoscenza dei materiali ((oltre il 70%) e da quelle su hardware e realizzazione di macchine auto-assemblate (oltre il 60%).
Meno diffuse risultano le competenze sui prodotti delle aziende (44%) o in ambito Internet of things (33%).
Le prospettive future
Le attività che vedono prospettarsi all’orizzonte gli operatori dei fablab sono principalmente 3:
- rafforzare il ruolo già svolto di facilitatori di diffusione della conoscenza sulle tecnologie a supporto della Fabbricazione Digitale, mediante un maggior coinvolgimento delle istituzioni pubbliche e delle scuole di ogni ordine e grado del territorio;
- promuovere l’innovazione e il Made in Italy, come incubatori di start-up innovative;
- divenire centri di ricerca avanzati sia con l’erogazione di servizi e attività di prototipazione, sia come hub per lo sviluppo di nuove competenze per le aziende manifatturiere.
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